Benvenuto su MescalPeyoBook: sito web dedicato alle opere di Gabriele B. Fallica, autore di cinquelibri di short stories e racconti, di un libro di poesia in prosa, di un libro di interviste a Fernanda Pivano, di un libro di informatica dedicato al SEO (Search Engine Optimization), di un libro di Narratologia sull'opera di Charles Bukowski e di un libro di poesia in prosa dedicato alla ricerca della Musa.
L'autore, classe 1975, è laureato magistrale in Lettere (tesi in Letteratura Americana). Sebbene si interessi di Letteratura Statunitense, insegna Letteratura Italiana e Storia negli Istituti superiori di Vicenza, svolge attività di pubblicista e lavora come Digital Strategic Planner ed esperto consulente di Web Marketing e SEO.
Furore non è solo un romanzo sulla Grande Depressione americana. È un grido. È la voce dura, cruda, inascoltata della miseria che avanza, travolge, umilia. Pubblicato nel 1939, il capolavoro di John Steinbeck racconta l’esodo della famiglia Joad — sfrattata dalle terre dell’Oklahoma a causa della siccità e dell’avidità delle banche — verso l’Ovest, alla ricerca di un futuro che si rivelerà spesso una promessa vuota. Ma ciò che colpisce, oggi più che mai, è quanto questa storia risuoni nelle pieghe della nostra attualità.
Oggi, come allora, le persone perdono certezze. Le cause sono diverse, ma l’effetto è lo stesso: famiglie che si ritrovano senza casa, operai che lavorano in condizioni disumane per un salario che non basta, giovani che fuggono da un Sud — geografico o esistenziale — verso un Nord che non mantiene le sue promesse. L’illusione di una “terra promessa” sopravvive, ma spesso si infrange contro muri invisibili: precarietà, sfruttamento, solitudine.
La povertà che Steinbeck descrive è materiale, ma anche morale. È la condizione di chi si sente superfluo, di chi scopre che il sistema non ha posto per la sua dignità. Ed è proprio questa sensazione, così attuale, che rende Furore un libro vivo. L’avidità impersonale delle grandi aziende agricole del romanzo si riflette oggi nelle logiche ferree del profitto, nei licenziamenti “razionali”, nei meccanismi che spingono molti verso la marginalità economica, pur vivendo in società apparentemente ricche.
Steinbeck non si limita a narrare il dolore. Nei Joad — in Ma Joad soprattutto, roccia silenziosa e instancabile — c’è una resistenza tenace, un senso di comunità che si oppone alla frammentazione. È questa la lezione più grande che Furore offre al presente: quando le istituzioni non ascoltano, quando il mercato schiaccia, resta la possibilità di un legame umano, di una solidarietà costruita dal basso, tra ultimi.
Il romanzo è scritto con una prosa essenziale, lirica e brutale al tempo stesso. I capitoli che seguono la famiglia si alternano a quadri più generali, quasi corali, in cui l’autore dà voce a una moltitudine di disperati. È un effetto potente, che trasforma la vicenda privata in un simbolo collettivo.
Furore non è un’opera di nostalgia o solo un documento del passato. È un avvertimento. Ci ricorda che la povertà non è mai una colpa individuale, ma il risultato di scelte economiche e politiche. Ci mostra come l’ingiustizia sociale possa generare rabbia, ma anche una forma disperata di speranza. E ci chiede, in fondo, cosa resti della nostra umanità quando tutto il resto viene meno.
In tempi in cui la disuguaglianza cresce, in cui la casa diventa un lusso e il lavoro una lotteria, leggere Furore significa guardare in faccia una verità scomoda: siamo meno lontani dagli anni ’30 di quanto vogliamo credere. E forse, come allora, è il momento di ascoltare chi non ha voce.
Alcuni libri sono stati dotati di Isbn. Si tratta dell’unico modo certo per attribuire la paternità dell’opera all’autore. L’opera, altresì, viene inserita nei cataloghi ad uso delle librerie online e di quelle tradizionali.